Angsa Novara-Vercelli definisce i contorni della notizia di poche ore fa: Andrea aveva 22 anni, lo scorso anno aveva perso la mamma per una malattia. Inserito in una struttura, era sempre sostenuto dal padre, che per stargli vicino faceva il volontario nello stesso centro. “È una grande tragedia umana”


ROMA – E’ cronaca di poche ore fa: a Vespolate, in provincia di Novara, un padre 50enne ha ucciso il figlio disabile e poi ha tentato di togliersi la vita. E’ ricoverato in grave condizioni, mentre per suo figlio non c’è stato nulla da fare.
Andrea – questo il nome del ragazzo – aveva 22 anni ed era autistico: i dettagli della storia e i contorni di quest’ennesimo dramma famigliare si definiscono meglio, grazie al post pubblicato poco fa dall’ANGSA Novara-Vercelli, che conosceva e sosteneva la famiglia. “Questa notte è morto Andrea, – si legge – ragazzo autistico di 22 anni, figlio di Angela, una delle nostre mamme, che circa un anno fa si era spenta per una grave malattia”.

E la storia di Andrea e dei suoi genitori parla chiaramente di un’angoscia che tutti i genitori di ragazzi disabili condividono: l’angoscia del dopo, del futuro, di quando loro, i genitori, non ci saranno più. Un’angoscia diventata concreta molto presto, per Angela e per suo marito, messi di fronte a una malattia che non lascia speranze. “In quel periodo con Angela abbiamo parlato spesso del ‘dopo di noi’ e dell’angoscia che ci attanaglia il cuore pensando al futuro – ci racconta Benedetta Demartis, presidente della sezione locale di ANGSA – Ho incoraggiato Angela a cercare per tempo il posto adatto a Andrea, per evitare a lui il trauma di un cambiamento repentino e per dare tempo a loro genitori di vederlo inserito e sereno nella sua nuova vita. Infatti Andrea è stato inserito a Casa Nazaret gradatamente, e questo ha facilitato le cose”.

Poi, dopo la morte di Angela, “ho visto e sentito telefonicamente Pietro, il padre di Andrea, che mi raccontava della sua nuova vita senza Angela, di cui sentiva moltissimo la mancanza – riferisce ancora Demartis -. Mi diceva però che Andrea era sereno nella sua nuova casa e che lui lo portava a casa nel fine settimana. Mi raccontava che faceva volontariato nella struttura che ospita Andrea, e che cosi poteva stargli vicino e rendersi anche utile con gli altri. La dignità e serenità con cui questi genitori hanno affrontato una vita tanto difficile e dolorosa è stata di grande insegnamento per le famiglie che frequentano il Centro per l’autismo”.

Insomma, l’uomo sembrava resistere al dolore e alla fatica, forse anche grazie al sostegno e alla solidarietà della rete sociale che aveva intorno. “Mai avremmo immaginato quello che Pietro ha poi fatto – assicura Demartis – Nessuno ha colto in lui i segnali che precedono azioni di questa portata. Deve essere stato un momento di grande sconforto che lo ha fatto agire d’impulso. È davvero una grande tragedia umana. Angsa con tutti i soci e gli operatori del centro per l’autismo che hanno conosciuto Andrea oggi piangono e si stringono intorno a questo papà, che ha scelto di smettere di soffrire cosi tanto”.

Non è però solo il momento delle lascrime e del dolore: da questa vicenda occorre trarre spunto per dar vita a reti più solide, a risposte più capaci di colmare il vuoto che si apre in certe vite. “Dobbiamo diventare più capaci, noi associazioni, le istituzioni con i servizi, e tutta la collettività, di dare risposte adeguate ai bisogni dell’autismo e a queste famiglie, che devono tutti i giorni e per tutta la vita affrontare un percorso tanto tanto difficile”. (cl)

Fonte: www.agenzia.redattoresociale.it




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