Ancora un dramma nel mondo della disabilità

Le Associazioni si stringono nel dolore con la famiglia della tragedia avvenuta in Sardegna


Una donna di 64 anni a Mandras, in provincia di Cagliari, si è chiusa nella sua stanza con i figli gemelli disabili di 42 anni e li ha poi uccisi con un fucile da caccia. Dopo ha tentato di farla finita con la stessa arma da fuoco, è stata trovata in gravissime condizioni. Nel novembre del 2015 era stata raccolta intossicata da farmaci assieme i figli, allora però furono salvati. La donna era un esempio di madre amorevole e si è sempre occupata con dedizione totale dei suoi figli. Non si classifichi questo episodio come un semplice caso di cronaca nera, o magari frutto di depressione o mancanza di lucidità. Questo scelta disperata ed estrema rappresenta ancora l’unico piano B che viene ritenuto possibile dai molti genitori di disabili, che si sentono invecchiare e sono sopraffatti dall’angoscia che i figli possano sopravvivere alla loro morte, in una società incapace di garantire la stessa dignità di vita da loro conquistata giorno per giorno. Sono state spese parole a bizzeffe, fatte leggi, proclamato intenti lodevoli…Fino a che però qualcuno riterrà ancora l’omicidio/suicidio l’unica soluzione al dramma del dopo di noi, non sarà stato istituzionalmente stato fatto nulla di veramente concreto.

Le parole di Benedetta Demartis, Presidente di ANGSA Nazionale, ricordando la tragedia della famiglia Spina di Vespolate: 
'Una madre che uccide i suoi figli. L'atto più anormale di tutti. Ancora un dramma che riguarda la disabilità. Una madre in Sardegna uccide col fucile i suoi gemelli disabili di 42 anni.
Leggendo altre fonti sembra non si tratti di abbandono e solitudine.
Non in questo caso. Mi torna in mente l'altro dramma successo a Novara solo qualche anno fa. Anche in questo caso sembra ci fosse l'assistenza indiretta in denaro. Una sorella medico molto presente. Famiglia allargata e servizi sociali. 
Proprio come per il papà di Novara, credo si tratti di depressione. Quel male di vivere di cui soffrono un gran numero di persone. Posso solo dire che a peggiorare il quadro, ci sono certe disabilità che mettono a dura prova l'equilibrio psichico più di altre disabilità. 
È un destino infame quello di chi ama perché non permette di uscire da quel 'ricatto emotivo' che l'amore ci fa provare con i nostri cari più fragili.
Dobbiamo noi genitori, figli o fratelli  imparare ad allontanarci un poco da loro, fare altro, parlare d'altro, per riprendere linfa vitale.
Lo dobbiamo fare per 'durare' più a lungo nel tempo e per concederci un poco di normalità. E per permettere ai nostri cari di vivere altre relazioni, altrettanto importanti. 
Certo che fuori casa ci servono altri supporti, altrimenti ci sentiremo e diventeremo indispensabili. Ma crolleremo prima, inevitabilmente. 
Dobbiamo invece, come dovere sociale, costruire i supporti per il sostegno alla persona fragile e alla sua famiglia. Altrimenti succederà ancora, e ancora.....'

La D.ssa Daniela Mariani Cerati, segretaria del Comitato Scientifico di ANGSA, si esprime così: 
'In un convegno del 23 maggio 2002 Helmut Remschmidt, Presidente dell’Associazione Internazionale IACAPAP, Associazione di professionisti che si occupa della salute mentale di bambini e adolescenti, disse che il sostegno psicologico ai genitori di bambini con autismo era un’esigenza prioritaria. E Donata Vivanti gli rispose: “I genitori di persone con autismo non hanno bisogno di supporto psicologico più di quanto ne abbia qualunque persona duramente provata dalla vita. Non sarebbe certo giusto negare loro la possibilità di chiederlo, se ne sentono la necessità; purché però prima si siano offerte spiegazioni, informazioni, giusti consigli, la possibilità di avere punti
di riferimento stabili, e soprattutto educazione e cure continuative, adeguate e rispettose del bambino e del suo diritto a crescere serenamente e a vivere una vita degna di essere vissuta. Altrimenti sarebbe come offrire un supporto psicologico ad un terremotato senza ricomporgli la casa, o ad un disoccupato senza ridargli il lavoro” (Atti della Conferenza internazionale ”Un patto per l’autismo tra Istituzioni, Comunità scientifica e famiglie” in memoria di Donald Cohen, Roma, 23 maggio 2002, Autismo Italia-onlus, Milano, pp. 13-14)”
Le parole di Donata sono ancora tremendamente attuali. Questa é la prioritá per i genitori di persone con autismo di tutte le età e questa é la “cura” della depressione dei genitori.
Forse é azzardato pensare che i gesti estremi di cui stiamo parlando siano la punta dell’iceberg del disagio nel quale si trovano i genitori delle persone con autismo, in particolare dei genitori anziani di soggetti
adulti. Per questi ci dovrebbe essere un’alternativa alla convivenza con genitori vecchi, stressati e spesso malati. L’alternativa dovrebbe essere costituita da residenze che non fossero  ghetti o parcheggi, ma luoghi in cui la qualità della vita fosse la migliore possibile consentita dalla disabilità.'

E ancora Sonia Zen, Presidente di ANGSA Veneto:
'Grazie Benedetta per aver fatto sentire la presenza di Angsa in queste tragedie che sono per noi una pugnalata.
Mi chiedo se non ci siano responsabilità da parte dei servizi che lasciano a casa i ragazzi disabili a completo carico della famiglia.
Dato che i dati Censis del 2012 dicono che:
ben il 96% delle persone con autismo vivono in famiglia;
sono richieste 17,1 ore di assistenza al giorno;
si riscontra il 65,9% di impatto negativo sulla vita lavorativa delle famiglie (che raggiunge il 68,9% delle famiglie dei gravi);
il 25,9% delle madri lascia il lavoro;
il 23,4% delle madri chiede il part-time.
Se poi una mamma non più giovane si ritrova con un carico di assistenza elevata é quasi inevitabile la depressione per burn out. C'era stato in precedenza un tentativo di suicidio, per cui la fragilità era tangibile. E la tragedia annunciata.
Penso che se le famiglie avessero i giusti supporti non proverebbero quel senso di abbandono e scoramento.
Purtroppo la solitudine  e l'impotenza sono forieri di grande dolore che in alcuni casi può diventare una tragedia.
Ci siamo visti più volte a perorare delle risposte alle famiglie con figli con autismo.
Poi con pressioni costanti le risposte arrivano. Non dovrebbe essere un privilegio dare risposte alle famiglie ma un diritto visto che si tratta di disabilità croniche.
Si parla spesso del diritto al progetto di vita della legge 328, ma troppo spesso rimane una chimera l'applicazione della legge. 
Grazie a Daniela e Donata che riescono a comunicare quelle difficoltà delle nostre famiglie con tanta chiarezza e a sostenere la dignità delle persone con autismo e delle loro famiglie.'

Il commento della D.ssa Antonella Pignatari, di ANGSA Bologna: 
'Grazie a Benedetta e a Sonia per le loro parole.
Io non ho grandi commenti da fare. Sono senza parole, la tragedia è troppo dolorosa, troppo coinvolgente per me.
Credo che come singoli e come associazione dobbiamo continuare sulla strada che stiamo percorrendo: fornire conoscenza (anche scientifica) e supporto, sì materiale, ma soprattutto psicologico ed empatico alle famiglie.
Molte volte ho parlato con genitori di ragazzi disabili e molte volte ho apprezzato i loro consigli e mi sono sentita finalmente compresa.
La maggior parte dei genitori che conosco ha la mia sensazione, una mamma che vive la tua stessa condizione, capisce meglio di una sorella...
Grazie ad ANGSA per essere fatta da famiglie che stanno vicino ad altre famiglie. Ho solo un appello, moltiplichiamo i nostri sforzi per tentare di arginare questi drammi, per tentare di essere più capillari.
Proviamo sempre e costantemente a far partecipi tutti delle realtà e dei compiti associativi.
Cerchiamo di rendere più sensibili i governanti, facciamo loro capire che carico pesante affrontiamo quotidianamente e soprattutto diffondiamo i numeri...
I nostri numeri. Cioè il risparmio che lo Stato avrebbe a trattare fin da subito, secondo le Linee Guida, i soggetti con autismo. 
Io credo che in regioni come la mia, l’Emilia Romagna, così sensibili al tema di promozione della salute, si possa ancora riproporre il tema del risparmio a lungo termine.
Cos’è in fondo la promozione della salute se non il miglioramento della qualità di vita (con notevole risparmio economico)? E perché noi famiglie di soggetti con autismo non dovremmo avere una migliore qualità di vita?'




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